La storia di Laura

La Famiglia

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Il nonno paterno di Laura, Napoleone Wronowski, di origine polacche, aveva partecipato ai moti del 1863, una delle più lunghe rivolte polacche contro l'impero russo.
Catturato, fu mandato in Siberia, scappò dalla prigione e percorso a cavallo tutta la steppa fino ad arrivare a Varsavia.
Quì, abbandonò le ricchezze della famiglia e divenne un rinnomato medico a Vienna e poi pari del Pascià turco.
Quando scoprì di essere ammalato si ritirò nella sua Polonia e mandò la moglie ed i figli a vivere a Pisa.
Il padre di Laura, Casimiro Wronowski, nacque in Dalmazia e studiò Legge a Pisa, svolse prevalentemente l'attività di giornalista.
Venne scoperto dal direttore del Corriere della Sera, Luigi Albertini, che lo assunse nel 1909.
La madre, Nella Titta (sorella del famoso baritono Titta Ruffo), lo conobbe sui banchi di scuola; insieme crearono la loro famiglia e dopo l'assunzione di Casimiro, si stabilirono a Milano. Aveva un discreto stipendio, Casimiro, e la famiglia poteva permettersi il lusso di avere un bellissimo appartamento in centro a Milano (anche se in affitto), con una cuoca, Maria, la cameriera e la balia. Nella, invece, aprì un atelier con sette dipendenti (che non era cosa da poco per quell'epoca), dove si cucivano tessuti pregiati per l'aristocrazia meneghina.

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L'amore, la fame, la guerra: storia di Laura

Infanzia e adolescenza

Francesca Laura Wronowska, nasce a Milano da una famiglia benestante di origine polacca. E' la terza figlia di Casimiro Wronowski e Nella Titta. Una donna straordinaria e forte Nella, punto di riferimento per tutta la famiglia e proprio come ricorda Laura era lei la vera antifascista di casa. Nel 1924, Laura aveva poco meno di un anno, quando dopo l'omicidio di Giacomo Matteotti zio acquisito in quanto marito di Velia Titta sorella di Nella. Il padre di Laura, Casimiro, si dimise dall' incarico per protesta. La conseguenza, fu la miseria e la perdita dello status sociale: balia e cameriera furono licenziate, rimase con la famiglia solo la cuoca Maria che diventò una figura importante all'interno della famiglia e che con Laura creò un legame molto particolare. Le raccontava di quando lavorava come mondina, filandiera e quei racconti affascinavano molto la bambina che l'ascoltava con curiosità. Purtroppo, Laura e il fratello Pier Lorenzo, erano linfatici - (soffrivano cioè di un ingrossamento delle ghiandole, conseguenza delle frequenti infezioni respiratorie) - e il medico suggerì alla madre di trasferire la famiglia al mare. Si spostarono quindi a Finale Ligure, dove Laura scoprì la bellezza del territorio, il mare, la passione per il nuoto e l'affetto di quel paesino di pescatori. In Liguria i Wronowski passarono un periodo di vera e propria miseria: la zia Velia (vedova di Matteotti), passava loro vestiti dei figli, che venivano quindi aggiustati ed indossati da Laura e i fratelli. Tanta era la solidarietà anche da parte dei bottegai liguri, che regalavano alla famiglia sapone, riso, pane, tutto ciò di cui avevano bisogno. Dopo Finale Ligure, la famiglia si trasferì a Bordighera e poi a Lavagna. Nel 1938 morì la zia Velia e i figli di Matteotti vennero affidati alla famiglia Wronowski. La casa di Lavagna era troppo piccola per accogliere tutta la nuova famiglia e quindi decisero di trasferirsi a Chiavari.

L'amore per Sergio Kasman

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Laura amava lo sport, soprattutto il nuoto e nella piscina di Chiavari conobbe Sergio. Correva l'estate del 1942 e Laura era all'epoca una bella ragazza diciassettenne. Da parte sua, Sergio era un ragazzo bellissimo, atletico, e lei provò subito un forte sentimento nei suoi confronti. Il padre di Sergio, Ivan Kasman, era un musicista ebreo di origine ucraina, emigrato a Torino nel corso della Rivoluzione Russa del 1918. In Italia conobbe la moglie Maria Scala. Nel 1938/1939, a causa delle leggi razziali, emigrò negli Stati Uniti senza più fare ritorono a casa, lasciando la famiglia nella miseria. Sergio e Laura, passavano le loro giornate in compagnia parlando dei loro sogni e si chiedevano dove li avrebbe portati quel periodo così buio che non dava occasione di vivere al meglio la loro gioventù. A fine estate, Sergio tornò a Torino per proseguire i suoi studi universitari ma proprio in quell'inverno del 1942 ricevette la famosa "cartolina rosa" - utilizzata dai distretti militari per richiamare i cittadini alle armi - che lo obbligava a presentarsi al fronte per difendere l'Italia. Laura ricevette la sua ultima cartolina da Roma, dove le raccontava di quello che stava vivendo e che era stato inserito con i granatieri di Sardegna. L'8 settembre del 1943, Sergio si trovava a Roma, Porta San Paolo. Quì combatté contro i fascisti, ma poi, accorgendosi che la sua squadra era in minoranza, essendo lui Tenente, prese la decisione di ritirarsi e ripartì per Chiavari. Putroppo quando arrivò non vi trovò più Laura, che pedalava già verso la montagna. Sergio aderì quindi alla Resistenza con il nome di battaglia di "Marco", entrando nelle file dei servizi speciali diretti da Nino Bacciagaluppi, uno dei capi del servizio informazioni.Da quel momento Laura, non ebbe più nessuna notizia di Sergio in quanto l'Italia era spaccata in due dalla guerra e non c'era nessuna possibilità di avere notizie, soprattutto impegnata nella sua attività partigiana in montagna. Dopo la liberazione, alla fine del giugno 1945, quando Laura si trovava a Genova, dove lavorava come impiegata/partigiana, incontrò Carlo Padiglia, graduato americano e carissimo amico di Sergio. Costui alla domanda di Laura se avesse notizie di Sergio, le rispose che il suo amore era stato ucciso. Laura ebbe un malore e cadde a terra. Successivamente, Laura, scoprì che Sergio era stato ucciso a Milano in Piazza Lavater, in seguito ad un'imboscata tesagli da appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana. Il ricordo di quell'amore incompiuto rimase sempre vivo nella sua mente e nel suo cuore.

La Resistenza

Il 9 settembre del 1943, Laura salì per la prima volta in Valfontabuona in bicicletta. Fu lei, infatti, ad essere incaricata a salire sulle montagne per scegliere una località che garantisse un minimo di sicurezza, e verificare anche la disponibilità dei contadini del posto. Iniziò così la "sua" Resistenza, che durò 18 mesi, tra le paure di una giovane donna e il pensiero di quello che la vita le avrebbe riservato. La sua prima azione fu quella di consegnare al partigiano "Paolino"- (un giovane macellaio, che faceva anche gli scarponi, ma che in quelle circostanze, aveva il ruolo di filtrare l'entrata di nuovi elementi nella formazione partigiana) - una mezza banconota da 2 lire; Paolino aveva l'altra metà, in segno di riconoscimento. Laura fu quindi la prima ad arrivare in Valfontanabuona, proprio perché aveva il compito di valutare i luoghi e comprendere le possibilità di accoglienza della formazione. Qui rimase un paio di giorni da sola, ospitata da una famiglia di contadini e poi piano piano si aggiunsero altri componenti della futura formazione di Giustizia e Libertà. Il Comandate della formazione, un giovane contadino, che non voleva prestare servizio militare e aveva scelto così di entrare nella Resistenza. Il suo nome di battaglia era "Furia", - (Laura non ricorda il suo nome anagrafico) -. Successivamente arrivarono Roberto Bonfiglioli, Prospero Castelletto e Nando, uno studente universitario di buona famiglia. La formazione rimase stanziata in una baracca di Serra di Moconesi per circa un mesetto e da lì iniziò una nuova vita. Con il nome di battaglia “Kiki”, Laura divenne quindi la pioniera della formazione Giustizia e Libertà, dove all’inizio svolgeva compiti di staffetta informatrice e poi anche infermiera tuttofare. Tra le montagne conobbe la fame, i disagi - in particolare le vesciche nei piedi e i pidocchi - , il dolore della solitudine, ma soprattutto la paura di quello che l'aspettava. La formazione era talmente povera che trovò aiuto dai contadini della zona, che dividevano con loro il cibo, gli procuravano coperte e ciò di cui avevano bisogno. Laura, pur con la paura di una giovane donna, imbracciò le armi e combatté al fianco dei suoi compagni. I membri della formazione, organizzavano imboscate contro i nazifascisti, e aggredivano i mezzi dei convogli tedeschi pur malvestiti e con le poche armi che avevano a disposizione. Iniziarono poi i lanci degli alleati, anche se all'inizio non erano molto buoni e non fornivano merce utile. Uno dei primi lanci inviò della carta igienica e fu motivo di grande frustrazione per tutti, perché non serviva a molto; poi finalmente arrivarono le scarpe di montagna.

Tessera Volontari

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Tessera del Corpo Volontari della Libertà, si possono leggere tutti i dati e il nome di battaglia di Laura, "Kiki" (che lei non ha mai amato). Il documento venne rilasciato dopo la Liberazione con tanto di accettazione protocollata dagli Alleati per continuare a svolgere la propria attività politica e organizzativa in tempo di pace e ricostruzione.

Gradi e ruoli dell'esercito

”Mappa”

Questo foglietto di quaderno, venne realizzato da Laura nella fase conclusiva della lotta partigina. Sono riportate tutte le mostrine corrispondenti ai diversi gradi e ruoli dell'esercito partigiano: dal volontario, con tricolore pieno, al Capo di Stato Maggiore di Brigata con bordi dorati.

Giustizia e Libertà

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Ogni formazione portava con orgoglio il tricolore e la bandiera italiana, è il vero e proprio simbolo della Resistenza e della Liberazione. I fazzoletti di riconoscimento della formazione, erano marcati da una stella blu e dal nome della propria formazione. Ancora oggi, Laura, conserva con orgoglio e con affetto questo fazzoletto.

Volontari della Libertà

”Mappa”

Nel maggio del 1944 il Comando dei Volontari per la Libertà del CLN per la Liguria, diede a Laura un tesserino di riconoscimento. Vi sono indicati, il nome e la brigata di appartenenza, identificata con il nome "Matteotti". Nel retro del tesserino un simbolo del CLN, con incudine, martello, berretto frigio, spighe di grano, foglie di alloro e un motto: "Ostinato Rigore".

Coordinate di un lancio

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Nella zona operativa dove si trovava Laura (IV zona), non esistevano territori adatti per effettuare lanci. Venne incaricata di trovare un campo di lancio in collaborazione con la VI zona. I lanci verranno effettuati dagli alleati che paracaduteranno in grossi bidoni, scarpe, cibo e qualche arma, tutti con la stessa parola d'ordine, "Mario non studia".

Buono di Liberazione

”Mapp”

Vengono stampati i buoni di requisizione, con valore di ricevuta di consegna dei beni. I partigiani acquistavano i beni di cui avevano bisogno e in cambio lasciavano i buoni. L'acquisto dei beni doveva sempre essere autorizzato e i buoni venivano sempre firmati sotto la responsabilità dei comandanti e dei commissari politici di formazione.

La Brigata Matteotti

Grazie ai lanci che venivano effettuati, si crearono vari distaccamenti e nacuqero così le Brigate. La prima brigata, prese il nome di "Piero Borrozzo", un ragazzo torturato e fucilato nella IV zona. Nel dicembre del 1943, Antonio Zolezio - marito della sorella Natalia e quindi cognato di Laura - venne inviato in Valfontanabuona, dove insieme a PierLorenzo Wronowski (fratello di Laura), Giulio Bertonelli ("Balbi"), i cugini genovesi Gaetano e Edoardo Basevi, Giulio Bottari ("Avvocato Rocca"), e altri azionisti, organizzò un reparto di Giustizia e Libertà, del quale divenne comandante. Ai primi di marzo del 1944, venne poi costituita la Brigata Matteotti di cui Laura ne entrò a far parte entro la formazione "Antonio Lanfranconi". Non tutte le brigate avevano lo stesso numero di distaccamenti e di uomini, in quanto crescevano e si modificavano mano a mano nel tempo. La brigata Matteotti si componeva di circa 200 uomini, non sempre tutti presenti ed operativi. Si articolava su di un Comando di Brigata, un'Intendenza e un Servizio Informazioni (SIP) oltre che su 5 distaccamenti: Ventura, Luci, Baletto, Bifera e Spano. L'attività quotidiana all'interno della Brigata, consisteva principalmente nel sopravvivere ed addestrarsi con le armi recuperare il cibo dai contadini del luogo, rilasciando sempre regolari "pagherò", pulire l’edificio dove trascorrevano le giornate togliendo pidocchi e zecche e, non ultimo, uscire in missione di guerriglia, per minare i ponti, interrompere le comunicazioni, attaccare qualche convoglio, presidiare le trincee costruite nella zona di Barbagelata e raccogliere i rifornimenti degli aviolanci alleati per poi distribuirli negli altri distaccamenti.

ll Campo di concentramento di Calvari

Tra il giugno e il luglio del 1944, vi fu la prima vera azione da parte di Laura, la liberazione del campo di concentramento di Calvari. Il campo, situato presso la borgata di Calvari, precisamente nella località Piani di Coreglia, era stato denominato "Campo 52". Era un campo per internati civili, che all'inizio accolse prigionieri inglesi, neozelandesi e africani e successivamente anche ebrei. Fu un episodio non cruento, senza spargimento di sangue. La Brigata, era venuta a sapere che nel campo, in quel periodo, erano ospitate circa una trentina di persone, tutti ebrei di mezza età. Il Comandante studiò bene come procedere, anche con l'aiuto di due guardie del campo. Laura, insieme a "Giovanna" (Maria Gemma Ratto), si preparano all'azione; aspettarono per ore nascoste dietro ad un cespuglio e sotto la pioggia battente i compagni per far loro da guida attraverso il passaggio di Canevale. Quando arrivarono, verso le dieci di sera, Laura inveì i suoi compagni per tutta quell'attesa e loro le risposero che si erano dovuti procurare delle armi per poter procedere all'azione. Iniziarono così a far uscire i prigionieri: tra loro vi erano anche tre aviatori alleati (il 2° pilota Ronnie, il motorista Jimmy -entrambi sudafricani di cui Laura non ricorda i cognomi- e un ex sergente di Scotland Yard), che rimasero con loro a combattere per alcuni mesi prima di essere aiutati a passare le linee. Nel frattempo a Laura venne affidato il compito di tagliare i fili del telefono e così, con in mano una cesoia, si arrampicò con una scaletta e fece quello che le era stato chiesto. Finita l'azione, una parte si diresse verso un convento di suore di clausura, che erano pronte ad accogliere i prigionieri, un'altra fece ritorno verso la sede, mentre Laura rimase da sola a ringraziare i due soldati che gli avevano aiutati nell'operazione. Mentre tornava verso il casone, non molto lontano dal campo, Laura vide un piccolo albero di mele (non ancora mature), ne prese alcune e se le mise in tasca. Mentre camminava, ancora tutta bagnata dalla pioggia e una volta constatato che nessuna la stava seguendo, si fermò per un attimo scoppiò in un pianto a dirotto. Rifletté fra se, chiedendosi se quello che stava facendo era veramente la cosa giusta per una ragazza così giovane. Prese dalla tasca una delle mele che aveva appena raccolto e iniziò a mangiarla: in quel momento le sembrò la cosa più buona che ci potesse essere al mondo.

Antonio Zolesio

Antonio Zolesio

pseudonimo "Umberto Parodi"

Antonio Zolesio nel dicembre del 1943, ricercato dalla polizia fascista, viene inviato in Valfontabuona e divenne il comandante della Divisione "GL" Matteotti. Mostrò molto coraggio, dovendo affrontare sia le spie fasciste sia i capi comunisti delle formazioni "Garibaldine", che erano maggioritarie in quella zona. Subito dopo la guerra, Zolesio, consegnò la cassa delle formazioni partigiane che aveva guidato, oggi conosciuto come Fondo Zolesio dove sono contenute tutte le azioni della brigata.

Pierlorenzo Wronowski

Pier Lorenzo Wronowski

pseudonimo "Carlo"

Pier Lorenzo ("Pilli") era il fratello di Laura e faceva parte a tutti gli effetti della formazione di Zolesio, fino a ricoprire il ruolo di commissario. Quando a Zolesio venne affidato il compito di costituire la formazione, affida a Pier Lorenzo il compito di commissario politico del gruppo che crea la brigata G.L. Matteotti. Nominato poi commissario della brigata Lanfranconi, per la buona conoscenza dell’inglese viene distaccato presso la missione militare alleata della VI zona.

La brigata Matteotti

La Brigata

La Brigata G.L. Matteotti

La Brigata era composta da componenti del Partito d'Azione ma aperta anche ad altri combattenti. La primitiva Brigata "Giustizia e Libertà - G.Matteotti", si costituì autonomamente in Divisione schierata su 3 battaglioni (Brig. "Piero Borrotzu", Brig. "Antonio Lanfranconi", Brig. di manovra "Prospero Castelletto"). I dati riportati da "Umberto", contavano circa 560 uomini in grado di combattere, molti di essi privi di tutto (anche di addestramento) ma disposti e pronti a schierarsi nelle file della G&L.

La Liberazione

Solo dopo mesi e mesi di vita partigiana Laura riuscì a rivedere la madre, mentre il padre era stato arrestato in seguito ad una spiata (la madre non venne arrestata perché affetta da flebite) e portato nella "Casa dello Studente" di Genova, che era divenuta la principale sede della Gestapo e nelle sue sale si perpetravano perpetrate le peggiori atrocità. All'approssimarsi della Liberazione, comprendendo che ormai si stava per concludere quella dura esperienza, chiese al Comandante Zolesio se poteva scendere anche lei a Genova, perché voleva essere presente a quell'avvenimento. Zolesio non era molto d’accordo, ma Laura riuscì a convincerlo e il giorno dopo partì. Il 25 aprile del 1945, Laura si diresse verso Genova su di una 500 con solo il sedile del guidatore, pianse pensando alla vita che lasciava e a tutto quello che aveva prima e non sarebbe più tornato. Arrivata alle porte di Genova, le fu detto che i Tedeschi se ne erano già andati; allora entrò in città e si diresse all'hotel Britannia, perché il suo compito era quello di consegnare una lettera al proprietario. Inaspettatamente l'hotel era ancora pieno di Tedeschi, e quando Laura entrò, cercò di non mostrare la paura; al proprietario, disse che da domani in quell'hotel si sarebbero insediati i partigiani. Vide nel suo viso il terrore e allora cercò di tranquillizzarlo. Laura fu quindi la prima partigiana ad arrivare a Genova in forma anonima.

Il Dopoguerra

Dopo la Liberazione, Laura cercò di ritornare alla sua vita normale, ma la guerra aveva lasciato molti strascichi. La mamma Nella la incaricò insieme al fratello di tornare a Chiavari per saldare i debiti di famiglia verso tutti coloro che li avevano aiutati. Il ricordo di Laura va al 2 giugno 1946, la povertà del Dopoguerra si sentiva ancora tutta, ma la viveva insieme a una gran gioia, perché come tutte le altre donne, poté votare per la prima volta. Aveva 22 anni quando, insieme a suo fratello e alla madre, si recò al seggio allestito a Chiavari per il referendum istituzionale su Monarchia o Repubblica. Subito dopo il voto, Laura tornò con la famiglia a Milano. Il padre non venne reintegrato al "Corriere", mentre lei trovò lavoro al "Sole", a 15 mila lire al mese, prima come impiegata e poi come responsabile ufficio abbonamenti. Nel 1951, Laura divenne giornalista professionista, si sposò con Massimo Fabbri e quando nacque il figlio Maurizio, decise di lasciare il lavoro.


Il pensiero di Laura oggi

La memoria che resta

Cos'è stata la Resistenza?

La nostra Resistenza era prima di tutto la fame di un popolo, la paura che ti azzerava la salivazione e ti torceva lo stomaco. Diventare partigiana, per me, è stata una logica conseguenza della mia educazione, ce l'avevo nel sangue. Eravamo tutti convinti non di rifare l'Italia ma di rifare il mondo, un mondo più libero e più giusto.

Cos'è oggi la Resistenza?

E' un'Italia che non riesco a capire. Purtroppo gli italiani non amano la memoria storica, viene recepita con fastidio, quasi come se fosse una cosa non importante a cui pensare. Oggi non rimane niente di tutto quello che abbiamo fatto, eravamo un gruppo di giovani che lottavano in difesa della dignità, eravamo fedeli ad un giuramento, ed il nostro ricordo è diventato solo una data da celebrare, complici le istituzioni che non hanno fatto niente per far si che il popolo si ricordasse di noi.

Come la si deve o può ricordare?

Vado spesso nelle scuole per parlare ai giovani della Resistenza, è importante tenere vivo il ricordo di quei drammatici eventi, perchè ricchi di insegnamenti per il nostro paese ma soprattutto ricordo loro che anche oggi bisogna lottare e fare la Resistenza. Bisogna lottare per riconquistare la nostra dignità di cittadini, per l'ambiente, per i diritti delle donne, contro la mafia e la corruzzione.

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Video

Laura racconta

Data creazione 16 settembre 2016

Riprese di Caludio Benedetti

Montaggio di Consuelo Simonini

Diventare partigiana

Data creazione 18 agosto 201

Riprese di Caludio Benedetti

Montaggio di Consuelo Simonini

Il ruolo di Laura nella brigata

Data creazione 2 febbraio 2010

Riprese di Caludio Benedetti

Montaggio di Consuelo Simonini

Liberazione di Calvari

Data creazione 18 agosto 2013

Riprese di Caludio Benedetti

Montaggio di Consuelo Simonini

I rastrellamenti

Data creazione 3 febbraio 2010

Riprese di Caludio Benedetti

Montaggio di Consuelo Simonini

La Resistenza vissuta da Laura

Data creazione 10 febbraio 2010

Riprese di Caludio Benedetti

Montaggio di Consuelo Simonini


Bibliografia

La collina delle lucertole, 1943-1947: Dalla lotta clandestina alla competizione politica. Rilievi storici sul Movimento Azionista del Levante Ligure e sulle formazioni "Giustizia e Libertà" in Valfontanabuona. A cura di Vittorio Civitella. Sestri Levante, Gammarò Editori, 2008.

Paola Pastorelli, "La memoria degli ultimi": Chiavari crocevia della Resistenza in Liguria. “Il Secolo XIX”, 3 marzo 2016.

Paola Pastorelli, Torna a casa l'orologio della famiglia Matteotti “Il Secolo XIX”, 18 giugno 2016.

R. Pet. , Ai Matteotti l'orologio della storia “Il Secolo XIX”, 19 giugno 2016.

La camera celebra la "passione civile" di Giacomo Matteotti

Giancarlo Grossini, La partigiana Laura. Facevo la staffetta tra Liguria ed Emilia, a 90 anni lotto perché non si dimentichi la Resistenza “Il Corriere della Sera”, 23 aprile 2014.

Eugenio Arcidiacono, Saranno i bambini a salvare l'Italia “Famiglia Cristiana”, 8 giugno 2014.

Silvia Danieli , O partigiano (R)iportami via “Vanity Fair”, 30 aprile 2014.

Credits

Storia di Laura è un progetto del Laboratorio di Cultura Digitale, frutto del lavoro di tesi in Informatica Umanistica di Consuelo Simonini (a.a. 2016-2017), curata da Enrica Salvatori e Andrea Marchetti. Logo Laboratorio

Le riprese sono di Claudio Benedetti.

Le immagini sono di proprietà di Francesca Laura Wronowska e sono pubblicate con il suo permesso.

Tutto il materiale pubblicato è protetto dalla licenza BY NC SA

Per contatti: info@labcd.unipi.it