Il nonno paterno di Laura, Napoleone Wronowski, di origine polacche, aveva partecipato ai moti del 1863, una delle più lunghe rivolte polacche contro l'impero russo. Catturato, fu mandato in Siberia, scappò dalla prigione e percorso a cavallo tutta la steppa fino ad arrivare a Varsavia. Quì, abbandonò le ricchezze della famiglia e divenne un rinnomato medico a Vienna e poi pari del Pascià turco. Quando scoprì di essere ammalato si ritirò nella sua Polonia e mandò la moglie ed i figli a vivere a Pisa. Il padre di Laura, Casimiro Wronowski, nacque in Dalmazia e studiò Legge a Pisa, svolse prevalentemente l'attività di giornalista. Venne scoperto dal direttore del Corriere della Sera, Luigi Albertini, che lo assunse nel 1909. La madre, Nella Titta (sorella del famoso baritono Titta Ruffo), lo conobbe sui banchi di scuola; insieme crearono la loro famiglia e dopo l'assunzione di Casimiro, si stabilirono a Milano. Aveva un discreto stipendio, Casimiro, e la famiglia poteva permettersi il lusso di avere un bellissimo appartamento in centro a Milano (anche se in affitto), con una cuoca, Maria, la cameriera e la balia. Nella, invece, aprì un atelier con sette dipendenti (che non era cosa da poco per quell'epoca), dove si cucivano tessuti pregiati per l'aristocrazia meneghina.
L'amore, la fame, la guerra: storia di Laura
Laura amava lo sport, soprattutto il nuoto e nella piscina di Chiavari conobbe Sergio. Correva l'estate del 1942 e Laura era all'epoca una bella ragazza diciassettenne. Da parte sua, Sergio era un ragazzo bellissimo, atletico, e lei provò subito un forte sentimento nei suoi confronti. Il padre di Sergio, Ivan Kasman, era un musicista ebreo di origine ucraina, emigrato a Torino nel corso della Rivoluzione Russa del 1918. In Italia conobbe la moglie Maria Scala. Nel 1938/1939, a causa delle leggi razziali, emigrò negli Stati Uniti senza più fare ritorono a casa, lasciando la famiglia nella miseria. Sergio e Laura, passavano le loro giornate in compagnia parlando dei loro sogni e si chiedevano dove li avrebbe portati quel periodo così buio che non dava occasione di vivere al meglio la loro gioventù. A fine estate, Sergio tornò a Torino per proseguire i suoi studi universitari ma proprio in quell'inverno del 1942 ricevette la famosa "cartolina rosa" - utilizzata dai distretti militari per richiamare i cittadini alle armi - che lo obbligava a presentarsi al fronte per difendere l'Italia. Laura ricevette la sua ultima cartolina da Roma, dove le raccontava di quello che stava vivendo e che era stato inserito con i granatieri di Sardegna. L'8 settembre del 1943, Sergio si trovava a Roma, Porta San Paolo. Quì combatté contro i fascisti, ma poi, accorgendosi che la sua squadra era in minoranza, essendo lui Tenente, prese la decisione di ritirarsi e ripartì per Chiavari. Putroppo quando arrivò non vi trovò più Laura, che pedalava già verso la montagna. Sergio aderì quindi alla Resistenza con il nome di battaglia di "Marco", entrando nelle file dei servizi speciali diretti da Nino Bacciagaluppi, uno dei capi del servizio informazioni.Da quel momento Laura, non ebbe più nessuna notizia di Sergio in quanto l'Italia era spaccata in due dalla guerra e non c'era nessuna possibilità di avere notizie, soprattutto impegnata nella sua attività partigiana in montagna. Dopo la liberazione, alla fine del giugno 1945, quando Laura si trovava a Genova, dove lavorava come impiegata/partigiana, incontrò Carlo Padiglia, graduato americano e carissimo amico di Sergio. Costui alla domanda di Laura se avesse notizie di Sergio, le rispose che il suo amore era stato ucciso. Laura ebbe un malore e cadde a terra. Successivamente, Laura, scoprì che Sergio era stato ucciso a Milano in Piazza Lavater, in seguito ad un'imboscata tesagli da appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana. Il ricordo di quell'amore incompiuto rimase sempre vivo nella sua mente e nel suo cuore.
Tessera del Corpo Volontari della Libertà, si possono leggere tutti i dati e il nome di battaglia di Laura, "Kiki" (che lei non ha mai amato). Il documento venne rilasciato dopo la Liberazione con tanto di accettazione protocollata dagli Alleati per continuare a svolgere la propria attività politica e organizzativa in tempo di pace e ricostruzione.
Questo foglietto di quaderno, venne realizzato da Laura nella fase conclusiva della lotta partigina. Sono riportate tutte le mostrine corrispondenti ai diversi gradi e ruoli dell'esercito partigiano: dal volontario, con tricolore pieno, al Capo di Stato Maggiore di Brigata con bordi dorati.
Ogni formazione portava con orgoglio il tricolore e la bandiera italiana, è il vero e proprio simbolo della Resistenza e della Liberazione. I fazzoletti di riconoscimento della formazione, erano marcati da una stella blu e dal nome della propria formazione. Ancora oggi, Laura, conserva con orgoglio e con affetto questo fazzoletto.
Nel maggio del 1944 il Comando dei Volontari per la Libertà del CLN per la Liguria, diede a Laura un tesserino di riconoscimento. Vi sono indicati, il nome e la brigata di appartenenza, identificata con il nome "Matteotti". Nel retro del tesserino un simbolo del CLN, con incudine, martello, berretto frigio, spighe di grano, foglie di alloro e un motto: "Ostinato Rigore".
Nella zona operativa dove si trovava Laura (IV zona), non esistevano territori adatti per effettuare lanci. Venne incaricata di trovare un campo di lancio in collaborazione con la VI zona. I lanci verranno effettuati dagli alleati che paracaduteranno in grossi bidoni, scarpe, cibo e qualche arma, tutti con la stessa parola d'ordine, "Mario non studia".
Vengono stampati i buoni di requisizione, con valore di ricevuta di consegna dei beni. I partigiani acquistavano i beni di cui avevano bisogno e in cambio lasciavano i buoni. L'acquisto dei beni doveva sempre essere autorizzato e i buoni venivano sempre firmati sotto la responsabilità dei comandanti e dei commissari politici di formazione.
Antonio Zolesio nel dicembre del 1943, ricercato dalla polizia fascista, viene inviato in Valfontabuona e divenne il comandante della Divisione "GL" Matteotti. Mostrò molto coraggio, dovendo affrontare sia le spie fasciste sia i capi comunisti delle formazioni "Garibaldine", che erano maggioritarie in quella zona. Subito dopo la guerra, Zolesio, consegnò la cassa delle formazioni partigiane che aveva guidato, oggi conosciuto come Fondo Zolesio dove sono contenute tutte le azioni della brigata.
Pier Lorenzo ("Pilli") era il fratello di Laura e faceva parte a tutti gli effetti della formazione di Zolesio, fino a ricoprire il ruolo di commissario. Quando a Zolesio venne affidato il compito di costituire la formazione, affida a Pier Lorenzo il compito di commissario politico del gruppo che crea la brigata G.L. Matteotti. Nominato poi commissario della brigata Lanfranconi, per la buona conoscenza dell’inglese viene distaccato presso la missione militare alleata della VI zona.
La Brigata era composta da componenti del Partito d'Azione ma aperta anche ad altri combattenti. La primitiva Brigata "Giustizia e Libertà - G.Matteotti", si costituì autonomamente in Divisione schierata su 3 battaglioni (Brig. "Piero Borrotzu", Brig. "Antonio Lanfranconi", Brig. di manovra "Prospero Castelletto"). I dati riportati da "Umberto", contavano circa 560 uomini in grado di combattere, molti di essi privi di tutto (anche di addestramento) ma disposti e pronti a schierarsi nelle file della G&L.
La nostra Resistenza era prima di tutto la fame di un popolo, la paura che ti azzerava la salivazione e ti torceva lo stomaco. Diventare partigiana, per me, è stata una logica conseguenza della mia educazione, ce l'avevo nel sangue. Eravamo tutti convinti non di rifare l'Italia ma di rifare il mondo, un mondo più libero e più giusto.
E' un'Italia che non riesco a capire. Purtroppo gli italiani non amano la memoria storica, viene recepita con fastidio, quasi come se fosse una cosa non importante a cui pensare. Oggi non rimane niente di tutto quello che abbiamo fatto, eravamo un gruppo di giovani che lottavano in difesa della dignità, eravamo fedeli ad un giuramento, ed il nostro ricordo è diventato solo una data da celebrare, complici le istituzioni che non hanno fatto niente per far si che il popolo si ricordasse di noi.
Vado spesso nelle scuole per parlare ai giovani della Resistenza, è importante tenere vivo il ricordo di quei drammatici eventi, perchè ricchi di insegnamenti per il nostro paese ma soprattutto ricordo loro che anche oggi bisogna lottare e fare la Resistenza. Bisogna lottare per riconquistare la nostra dignità di cittadini, per l'ambiente, per i diritti delle donne, contro la mafia e la corruzzione.
Storia di Laura è un progetto del Laboratorio di Cultura Digitale, frutto del lavoro di tesi in Informatica Umanistica di Consuelo Simonini (a.a. 2016-2017), curata da Enrica Salvatori e Andrea Marchetti.
Le riprese sono di Claudio Benedetti.
Le immagini sono di proprietà di Francesca Laura Wronowska e sono pubblicate con il suo permesso.
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